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GIUSTIZIA PER PAOLO!

Venerdì 18 gennaio un’audace spedizione camuna si è spinta fino a Verona, all’udienza finale di primo grado del processo verso otto poliziotti, accusati, in un pomeriggio del settembre 2005, di aver pestato, ridotto in fin di vita, causato un’invalidità permanente a Paolo Scaroni, ultras e tifoso del Brescia.

sbirri

Arriviamo nel parcheggio del tribunale verso le 14.00 ed il colpo d’occhio di sciarpe e striscioni è subito piacevole, tra i vari colori di milanisti, salernitani, veneziani, atalantini, doriani, leccesi, e poi ancora tifosi di Savona, Saint’Etienne, Fortitudo basket e altri che, tra le 600-700 (a stima casuale) persone presenti non abbiamo riconosciuto. Giusto il tempo di salutare qualche amico qua e la che, verso le 14.30, i nostri brontolanti stomaci ci ricordano di come un camuno medio solitamente pranzi verso mezzogiorno, quindi, passate le due, è giunta anche per noi l’ora di mangiar qualcosa. Ingoiamo una pizzetta al bar di fronte, una tale “bottega degli antichi sapori italici”, che poco aveva di gustoso prodotto nostrano e dove probabilmente non rivedranno più cosi tanta gente, almeno fino a quando gli scaligeri non intenteranno un processo contro Justin Bieber. Ritorniamo al tribunale giusto in tempo per spostarci nel piazzale interno: non so come sarebbe stato fare l’attore, certo è che il dispiegamento di telecamere in mano alla digos ci fa sentire più a Hollywood che a Verona. L’usanza è abbastanza inconsueta per un palazzo di giustizia (ci riprendono uno a uno dalla testa ai piedi, carta d’identità compresa), tant’è che addirittura il Bresciaoggi, non proprio un giornale di ultras o compagni sovversivi, mette in risalto la stranezza e l’inutilità provocatoria di certi gesti. L’attesa per la sentenza è lunga, la camera di consiglio dura più di due ore, il freddo abbastanza pungente e il sole pian piano decide di lasciarci, così cerchiamo di scaldarci e far passare il tempo alternando chiacchiere qua e la, una buona dose di raffinata ignoranza e pure qualche analisi economica sull’aumento dei tassi d’inflazione, da buoni ultras letterati quali siamo. Ci accorgiamo subito che quest’argomento non è dei più adatti, proviamo quindi a capire come potrà essere il verdetto, come mai ci mettono tanto per giudicare, che idee s’è fatto l’avvocato. E la voce che va per la maggiore è negativa. Verso le 17.30 ecco arrivare la sentenza, che noi ovviamente non possiamo sentire visti gli impedimenti di entrare nelle aule. L’apprendiamo quando uno dei pochi ragazzi che hanno assistito se ne esce urlando “bastardi, gli hanno assolti tutti”. Gli Ultras, si sa, non sono proprio degli angioletti, perciò, quando la sentenza è definitivamente confermata, si sente la rabbia crescere in tutti i presenti. Si sente l’odio nelle grida che si alzano, negli animi irrequieti della gente. Penso che ogni persona in quel piazzale non avesse aspettato altro che entrare nelle aule e gridare lo sdegno e lo schifo per questo vergognoso responso. Se possibile, visto che si sa, gli ultras non sono angioletti, anche prendere a sberle un cazzo di giudice che ovviamente ha dovuto proteggere i suoi cani da guardia. Gli animi ormai caldi vengono però stemperati dalle parole del padre di Paolo, dalla sua volontà di non fare nessun tipo di casino, di non prestare il fianco a facili strumentalizzazioni, di rispettare il dolore suo e della sua famiglia. Quella famiglia che è sempre stata vicina al mondo ultras in questi anni, quella famiglia di cui rispettiamo le richieste. Seguiamo tutti Paolo verso l’uscita, scandendo qualche coro come “vogliamo solo giustizia” o “la disoccupazione…”. Si risalutano qua e la i vari amici e se ne torna alla macchina, con tanta delusione e amarezza. Gli imputati sono stati assolti con dubbio, poiché dalle telecamere di sorveglianza mancano i dieci minuti di video in cui è successo il fattaccio. Il magistrato chiede di ricercare quelle immagini “andate perdute”, e non mi viene neanche da rispondere. Forse Guccini avrebbe dovuto cantare certo ci sarà sempre lo sapete, un musico fallito, un pio, un teorete, un MAGISTRATO o un prete a sparare cazzate. Ora si aspetteranno sessanta giorni per le motivazioni della sentenza. Ma si può facilmente intuire come uno stato non possa accusare (e se lo fa è sempre e comunque in maniera lieve) quei corpi che garantiscono la sua stessa sopravvivenza. Come abbiamo visto con Aldrovandi, con Cucchi e con tutti gli altri, lo stato non si punisce. Gli ultras invece sono parte marginale della società, e cosa importa se ogni tanto ne muore qualcuno, se uno finisce in coma, se qualcuno a caso viene accusato per farsi belli con l’opinione pubblica. Sono i reietti, gli esclusi, come un tossico, un ubriaco che barcolla alle quattro del mattino, uno che non santifica le feste o che lancia due sassi in Val di Susa. Gli ultras sono gli emarginati, che non si vedono al grande fratello o da Bonolis. Non sono i tranquilli litigiosi dei talk show. Gli ultras che, nonostante tutti i limiti che hanno, cercano ancora aggregazione, valori, socialità.

La giustizia non passa per le aule dei tribunali, ma questo già si sapeva. Lo stato non tutela i nostri interessi, ma anche questo già lo sapevamo. ACAB!

 

Giustizia per tutti i ragazzi vittime di uno stato criminale e assassino. Vittime di uno stato che difende solo padroni, borghesi e i loro cani da guardia.

GIUSTIZIA PER PAOLO!

 

[Il Faust]

 

 

 

 

Si vince, si perde, insieme…

Da troppo tempo questo blog non racconta le gesta della Paranoika se non per darne brillanti e simpatiche valutazioni (vedi Le pagelle del Noiser). Ora mi sento di riannodare i ricordi che mi portano al derby di ormai due settimane fa. I maliziosi diranno che quella bruciante sconfitta per 7 a 5 mi ha zittito e forse un po’ di ragione ce l’hanno pure. Una partita carica di aspettative e speranze, quella in cui tiri fuori lo stricione buono e la coreografia dell’anno che comincia con un passivo di tre gol in un minuto e mezzo, è un momento che getta l’animo umano in uno stato che immagino non dissimile dall’anticamera dell’inferno. Quando la miriade di  anime aspettano assiepate sulle rive dello stige che arrivi Caronte per traghettarle nell’ade (la cui materializzazione in questo caso poteva essere un passivo di 15 gol). E invece no. Squillano le trombe degli angeli celestiali che richiamano i Paranoiki alla carica e come presi da un nuovo divino furore si scagliano sugli avversari. La KP arriva sul 3 a 2 ma a quel punto la spinta dell’entusiasmo si affievolisce ed il maligno mette nel campo di Rogno tutti gli strumenti di cui dispone: Visinoni torna a controllare saldamente la partita, il primo tempo si chiude sul 7 a 2. Di quelle fasi ricordo il freddo pungente ed il calore della torcida. Tanta gente, tutta bellissima, tutta a tifare per una KP che sta prendendo randellate da tutte le parti. Il secondo tempo è un lungo inno alla rimonta. Una preghiera collettiva alla volontà di potenza che si esprime nell’annichilimento dell’avversario e nel secco parziale di 3 a 0. Non basta. Il derby è perso. La squadra applaude i tifosi che applaudono la squadra giurandole eterno amore. Occhi lucidi per il freddo e per la delusione si guardano confortandosi a vicenda. Si perde insieme. Lo stomaco brucia. Il silenzio inizia.

la torcida al derby

Ma il tempo, si sa, sutura le ferite. Ed ecco la settimana successiva i Paranoiki partire per la trasferta di Sonico. Buoni presagi accompagnano la carovana alla partenza e la lettura delle budella del coniglio sacrificale dicono che il tempo del riscatto è vicino. L’avversario ci surclassa in punti e gol segnati ma gli antichi dei hanno parlato. La partita non potrebbe cominciare meglio: la KP si porta sul 2 a 0 e gioca come una squadra di danzatrici sul ghiaccio del campo di Sonico. La palla sembra obbedire ad una divina volontà che la guida sicura tra le braccia del nostro portiere e decisa per ben due volte nella rete avversaria. Ma la Kamunia non vince mai senza lottare. E allora ecco due punizioni dal limite per gli avversari che diventano il pareggio: 2 a 2 e un’inerzia della gara tutta contro di noi. Ma come pensando “A noi dell’inerzia non ce ne frega un cazzo” l’ultimo arrivato in casa KP (il Nico) infila un preciso schema (?!?) su calcio d’angolo. 3 a 2. Gioia, lacrime, bordello. Tutti ad abbracciarsi a centrocampo: giocatori, tifosi, allenatore, guardalinee… Si vince insieme.

Ed eccoci qua, pronti per afforntare l’ultima partita di questo intenso anno 2012 che ci ha visti innalzarci dalle stalle del fondo classifica e di un morale bassino alle stelle di tre vittorie e di un gruppo mai così unito. Ciò che abbiamo imparato deve però trovare conferma in questa sfida: rispetto per gli avversari, coesione e convinzione. Alleanza F.C. è a zero punti, ha fatto 31 gol e ne ha subiti 71. Non aggiungo che c’è un solo risultato possibile domani perchè conoscendo la squadra che tanto amo so che non è così. Ci vorrà tutta la migliore Kamunia e tutta la migliore Torcida.

Sabato 15/12 h. 16.30 all’oratorio di Volpino (…come Atene, siam tutti balck block, la squadra nel campetto dovrà tremare se arriva la Kamunia alè! alè! alè alè alè!)

L’angolo poetico del Noiser

il sabato è ormai giunto

e dal signore mi sento unto

perchè so che il momento giungerà

della chiamata alla kamunia per gli ultrà

spirito di vino e spirito divino si andranno ad incrociar

in quello che ovviamente un epico scontro si va a prospettar

i cuori accesi, i cori cantati a perdifiato

daranno vita a un unico boato

sette guerrieri come da tempo non si vede

nell’arena come un eskimese che il gel non teme

canti, fischi, striscioni e bandiere

per i gladiatori di cui le donne van fiere

e nelle donne mi ci metto pure io

me fanno impazzì sti ragazzi del porco dio!

KAMUNIA SEMPRE, KAMUNIA SOLA, KAMUNIA NEL CIEL BIANCO ROSSO PER NOI VOLA

GLI AVVERSARI LE PROSSIME PREDE DELLA SQUADRA A CUI NOI PORTIAM CIECA FEDE!

 

Ora io non so se è una gran cosa da postar o se è solo una boiata da evitar

grazie a voi, grazie di cuore, con voi si condivide la gioia e il dolore!

 

note: per i più pettinini il “gel” che l’eskimese non teme non è la brillantina, rockettari del cazzo, è quella cosa sentita credo da tutti in quel di sonico o durante il derby

stay high bro

IL 6 DICEMBRE A BRESCIA (cronaca di una giornata in piazza)

Il sei Dicembre 2012 in ogni città italiana prosegue il percorso di lotte sorto dall’indignazione di migliaia di studenti in tutt’Italia.


Il sei Dicembre 2012, ancora una volta, decido di scendere in città per manifestare il mio assoluto dissenso nei confronti di un sistema nazionale che, troppo impegnato a sostenere opere pubbliche inutili, spese militari e vomitevoli stipendi di funzionari pubblici, non si interessa dell’istruzione, del futuro e della cultura di un’intera generazione. Sono le sei e cinquantacinque, salgo sul treno di Valle Camonica. Terza Carrozza.
Mi aspetta una lunga giornata ma le tre ore complessive di treno non mi spaventano.
Incontro alcuni compagni e grazie a qualche chiacchierata in allegria le otto e venticinque arrivano velocemente. Scendo dal treno e intraprendo il solito percorso fino a Piazza Garibaldi, luogo di ritrovo della manifestazione. Con un certo stupore mi accorgo che il numero complessivo di persone presenti è inferiore rispetto alla precedente manifestazione; mi ricredo quando vedo un centinaio di liceali della zona raggiungerci.
Il ritrovo iniziale durante ogni manifestazione è sempre un momento piacevole; si salutano i compagni, si organizzano le idee e ci si scambia opinioni.
Noto con piacere che oltre ad un gran numero di studenti è presente un gruppo di compagni più anziani.
Vedere due generazioni differenti manifestare insieme è sempre una grande soddisfazione; dimostra che le lotte studentesche, per quanto siano snobbate dall’opinione pubblica,  non sono solo importanti per gli studenti, ma sono altresì importanti per tutti coloro che vogliono credere nei giovani che rappresentano il futuro di questa nazione.
Realizzo con altrettanto entusiasmo che anche la componente giovanissima è presente, ed è decisa quanto gli altri. Mi colpisce particolarmente una ragazza vista ad ogni manifestazione: Quindici anni di energia ed entusiasmo allo stato puro. Parlare con lei prima di ogni corteo è sempre motivante e piacevole.
Sono le nove e quarantacinque. Un po’ in ritardo rispetto alle previsioni si parte.
L’obbiettivo della giornata è quello di raggiungere il provveditorato per rivendicare il milione e mezzo destinato agli studenti bresciani ma mai arrivato.
Sono ancora vividi nella mente di tutti i ricordi delle azioni violente della polizia il quattordici Novembre; Manganellate sul futuro, calci addosso alla cultura e percosse contro gli ideali.
Questa volta non ci stiamo; Ci organizziamo con scudi di cartone sui quali sono rappresentati titoli di alcuni famosi libri (I famigerati “book block”) e molti di noi si sono portati i caschi del motorino da casa.
La camminata si prospetta lunga, Monpiano è molto lontano.
Facciamo tappa dopo qualche centinaio di metri al “Liceo Calini”, istituto recentemente occupato che sta intraprendendo un percorso di autogestione. Invitiamo gli studenti a svuotare le aule e ad unirsi a noi in strada; qualcuno ci segue, la maggior parte resta a scuola. Alcuni insegnanti si affacciano alle finestre e ci lanciano occhiate di disgusto e disprezzo, anche se gli obbiettivi che vogliamo raggiungere sono anche di loro interesse. Mi chiedo a cosa sia dovuto un atteggiamento di questo tipo. Penso ad una famosa frase di Marie von Ebner-Eschenbac, nota nobildonna scrittrice austriaca: “Gli schiavi felici sono i nemici più agguerriti della libertà”. Scrisse questa frase nel tardo ottocento “dall’altra parte della barricata”, ma quanto aveva ragione?
Proseguiamo il corteo. La tappa successiva è presso l’Aler dove le istituzioni hanno pensato di “tutelare l’ordine pubblico” predisponendo all’entrata una decina di agenti in assetto antisommossa. Temono evidentemente un nostro tentativo di occupazione. Sanno che siamo gli unici veramente vicini al problema degli sfollati, sanno che siamo gli unici a mobilitarci seriamente cercando di risolvere il problema (Hotel Sirio Occupato) e sanno anche che non permetteremo che a fine Gennaio si verifichino nuovi sfratti (già previsti). Facciamo presente agli individui presenti tutto ciò e proseguiamo il corteo.
Prima di raggiungere il provveditorato cerchiamo di spingere a mobilitarsi anche gli studenti della facoltà di Ingegneria in Via Brande, facendoci sentire dalla strada. In pochi si aggregano.

Ci avviciniamo all’obbiettivo. Pur mantenendo una linea pacifica alziamo gli scudi, mettiamo i caschi e formiamo i cordoni, considerando l’attitudine violenta dimostrata in più contesti dalle forze dell’ordine bresciane. Arriviamo nei pressi del provveditorato. Nonostante fosse stato stabilito che il corteo sarebbe terminato al cortile dinnanzi all’edificio le forze di polizia ci bloccano. Non ci sono scontri, ma la situazione è piatta. Il pensiero della maggior parte di noi è quello di non accettare nessun tipo di delegazione, ma di fare dietro-front. Torniamo al centro storico, ci dileguiamo.
Si conclude così un altro giorno di lotta nel contesto bresciano, un giorno che porta con se i suoi aspetti positivi ed alcune piccole amarezze.  Ora più che mai è importante portare avanti nuovamente un percorso di lotte e di sensibilizzare tutti su questi temi fondamentali per la collettività.

Ugo

#14N La mia vita in un giorno di lotta

Dalle finestre della mia camera in affitto filtra la luce flebile di un cielo mattutino decisamente uggioso,  apro la finestra e l’aria, pregna di umidità e pioggia, mi fa prendere coscienza che oggi c’è proprio un tempo schifoso. Io non sopporto le nuvole di mattina: fanno cominciare già di merda una giornata che di merda sarà già di suo. Chiaramente le nuvole sono solo un corollario: la mia serotonina è già in difetto comunque,  a prescindere dai colori di ciò che mi sta sopra. Solo una donna  può farmi tornare il sorriso nei miei momenti  costantemente in down , non una qualsiasi ma soltanto Lei, solo i suoi occhi, solo le sue labbra. Bagno il mio viso con acqua fredda, e intanto la mia coinquilina sta bussando e in questo mentre mi sta tirando una splendida filippica sulla mia necessaria e obbligata presenza  al progress test(un test  di 6 ore che non conta una beata fava, che non ha nessuno scopo e nessun significato). Odio gli obblighi. Odio i test. Oggi è il 14 novembre, è un giorno di mobilitazione, sacrifico me stesso e  scendo in piazza per dire che questa società mi sta un po’ stretta. Ho ancora la capacità di sognare, ho ancora la voglia di sperare, non imparerò mai a obbedire a nessuno, se non alla mia ragione, punto di partenza: Piazza Garibaldi, punto di arrivo: infinito. Le manifestazioni  possono essere vuote, a volte sono piene, possono bloccare merci, possono scalfire l’indifferenza, ma rimangono comunque e  sempre delle tappe lungo un viaggio: c’è sempre un prima, e un durante  ma soprattutto un dopo. Si lanciano sassi rompendo vetrine, ma da quegli spiragli di luce che stiamo aprendo, prima o poi, è meglio che ci entriamo.  Prendo posto sulla filo che mi porterà in stazione, e intanto incrocio le dita sperando che non salga nessun controllore: ho lo stesso biglietto da un paio di mesi. Ma non è il fatto  che non voglio pagarlo, è che mi sta sulle palle tutto ‘ste usaegetta di carta. Speriamo comunque che non ci sia perché sennò : “vagli a spiegare te a quello la tua morale filoambientalista”.  Passiamo di fronte allo stabilimento Iveco e qui gli operai sono già in fermento e occupano la strada. Intanto i miei pensieri corrono veloci, e senza sosta e tornano alla decisione di scendere in piazza. La Grecia, la Spagna, L’Italia, il Portogallo in recessione schiacciate dall’austerità, migliaia di persone che perdono il posto di lavoro, altre migliaia non lo trovano. Stipendi da fame costringono persone a vite misere e a imbottirsi di ansiolitici. La sanità pubblica sta per essere distrutta, il diritto allo studio è un miraggio, la pensione e  la casa pure. Il capitale ha fatto di sua proprietà anche l’esistenza delle persone, e  Omnia Sunt Communia è ancora una frase rimasta in latino. La possibilità di fare quello che ami è stata cancellata, e della felicità ormai non se ne parla più da un pezzo.  Da una parte ci sta il diritto alla vita dall’altra il debito. Lo Stato ha scelto il debito.  La Troika ci detta legge, noi scriviamo la storia. Non sono un’economista e non parlo di spread, del loro debito non mi frega un emerita minchia, amo la vita, conosco e pretendo i miei diritti, e odio chi non li rispetta. In una società conflittuale se provi amore fai una cazzata, e l’odio mi possiede in ogni momento, ogni tanto mi drogo per riuscire a sopportarlo(solo droghe legali ndr), ma non voglio che se ne vada,  voglio che scenda con me in qualsiasi piazza andrò, voglio che mi accompagni in tutti i rabbiosi giorni della mia vita. Merda, scusate, divago sempre. Bè lasciate perdere perché intanto il corteo avanza già, le due casse del Magazzino 47 pompano  “Banditi nella sala” a tutto volume, noi camminiamo, io e tantissima gente, e siamo circondati da un fortissimo e piacevole odore di erba, e intanto  qualche sporadica maschera di Guy Fawkes mi sorride. La musica viene interrotta all’improvviso per dare l’annuncio di tre compagni arrestati con l’accusa di blocco stradale, e che verranno processati domani mattina per direttissima, cori e fischi si alzano, due parole sole scandite musicalmente dalla voce di tutti: liberi tutti. Il corteo non si ferma,  si dirige verso la stazione sperando di riuscire a entrarci e saltare su quei cazzo di binari. Alle porte la celere ci accoglie calorosamente  con pesanti manganellate, minorenni tranquillamente pestati, gente portata all’ospedale. E loro superuomini con le narici piene di ccocaina che non hanno altra abilità nella vita che dire sissisignoremipiaceleccareilculo saranno ancora fieri, stasera, di guardare i loro figli negli occhi? Ma soprattutto i loro figli ne saranno mai capaci?

La manifestazione finirà in Piazza Loggia, ci stiamo dirigendo lì, eccola nella sua imponenza, elegante nella sua sobrietà, ci ammonisce sempre di non dimenticare il 28 maggio. La testa del corteo non si ferma però, qualcuno vuole proseguire, in via San Faustino tante persone continuano a camminare verso un meta ancora non chiara nella testa dei più, Kollettivo studenti in lotta e Collettivo Universitario Autonomo  invece sanno bene dove andare, e l’ ex Hotel Sirio si palesa in via Battaglie. Tra Applausi e fumogeni  lo stabile inutilizzato da 8 anni viene occupato, e ridato alla comunità. Qui, con un occupazione e riappropriazione di una futura abitazione per il popolo, termina la piccola e grande storia di un giorno di lotta. Noi,  Studenti e studentesse, e operai  insieme abbiamo rubato un soffio di vita alla nostra noiosa merdosa quotidianità sfruttata provando a gettare il seme per creare qualche cosa di diverso,  di nuovo, in cui i protagonisti siamo noi, nostre sono le decisioni, nostre e di nessun altro le vite che vivremo.  Il sole sta spuntando, le nuvole stanno scappando e io intanto continuo a baciare, Lei.

[ringraizamo del contributo il nostro creativo M.P.]