Dalle finestre della mia camera in affitto filtra la luce flebile di un cielo mattutino decisamente uggioso, apro la finestra e l’aria, pregna di umidità e pioggia, mi fa prendere coscienza che oggi c’è proprio un tempo schifoso. Io non sopporto le nuvole di mattina: fanno cominciare già di merda una giornata che di merda sarà già di suo. Chiaramente le nuvole sono solo un corollario: la mia serotonina è già in difetto comunque, a prescindere dai colori di ciò che mi sta sopra. Solo una donna può farmi tornare il sorriso nei miei momenti costantemente in down , non una qualsiasi ma soltanto Lei, solo i suoi occhi, solo le sue labbra. Bagno il mio viso con acqua fredda, e intanto la mia coinquilina sta bussando e in questo mentre mi sta tirando una splendida filippica sulla mia necessaria e obbligata presenza al progress test(un test di 6 ore che non conta una beata fava, che non ha nessuno scopo e nessun significato). Odio gli obblighi. Odio i test. Oggi è il 14 novembre, è un giorno di mobilitazione, sacrifico me stesso e scendo in piazza per dire che questa società mi sta un po’ stretta. Ho ancora la capacità di sognare, ho ancora la voglia di sperare, non imparerò mai a obbedire a nessuno, se non alla mia ragione, punto di partenza: Piazza Garibaldi, punto di arrivo: infinito. Le manifestazioni possono essere vuote, a volte sono piene, possono bloccare merci, possono scalfire l’indifferenza, ma rimangono comunque e sempre delle tappe lungo un viaggio: c’è sempre un prima, e un durante ma soprattutto un dopo. Si lanciano sassi rompendo vetrine, ma da quegli spiragli di luce che stiamo aprendo, prima o poi, è meglio che ci entriamo. Prendo posto sulla filo che mi porterà in stazione, e intanto incrocio le dita sperando che non salga nessun controllore: ho lo stesso biglietto da un paio di mesi. Ma non è il fatto che non voglio pagarlo, è che mi sta sulle palle tutto ‘ste usaegetta di carta. Speriamo comunque che non ci sia perché sennò : “vagli a spiegare te a quello la tua morale filoambientalista”. Passiamo di fronte allo stabilimento Iveco e qui gli operai sono già in fermento e occupano la strada. Intanto i miei pensieri corrono veloci, e senza sosta e tornano alla decisione di scendere in piazza. La Grecia, la Spagna, L’Italia, il Portogallo in recessione schiacciate dall’austerità, migliaia di persone che perdono il posto di lavoro, altre migliaia non lo trovano. Stipendi da fame costringono persone a vite misere e a imbottirsi di ansiolitici. La sanità pubblica sta per essere distrutta, il diritto allo studio è un miraggio, la pensione e la casa pure. Il capitale ha fatto di sua proprietà anche l’esistenza delle persone, e Omnia Sunt Communia è ancora una frase rimasta in latino. La possibilità di fare quello che ami è stata cancellata, e della felicità ormai non se ne parla più da un pezzo. Da una parte ci sta il diritto alla vita dall’altra il debito. Lo Stato ha scelto il debito. La Troika ci detta legge, noi scriviamo la storia. Non sono un’economista e non parlo di spread, del loro debito non mi frega un emerita minchia, amo la vita, conosco e pretendo i miei diritti, e odio chi non li rispetta. In una società conflittuale se provi amore fai una cazzata, e l’odio mi possiede in ogni momento, ogni tanto mi drogo per riuscire a sopportarlo(solo droghe legali ndr), ma non voglio che se ne vada, voglio che scenda con me in qualsiasi piazza andrò, voglio che mi accompagni in tutti i rabbiosi giorni della mia vita. Merda, scusate, divago sempre. Bè lasciate perdere perché intanto il corteo avanza già, le due casse del Magazzino 47 pompano “Banditi nella sala” a tutto volume, noi camminiamo, io e tantissima gente, e siamo circondati da un fortissimo e piacevole odore di erba, e intanto qualche sporadica maschera di Guy Fawkes mi sorride. La musica viene interrotta all’improvviso per dare l’annuncio di tre compagni arrestati con l’accusa di blocco stradale, e che verranno processati domani mattina per direttissima, cori e fischi si alzano, due parole sole scandite musicalmente dalla voce di tutti: liberi tutti. Il corteo non si ferma, si dirige verso la stazione sperando di riuscire a entrarci e saltare su quei cazzo di binari. Alle porte la celere ci accoglie calorosamente con pesanti manganellate, minorenni tranquillamente pestati, gente portata all’ospedale. E loro superuomini con le narici piene di ccocaina che non hanno altra abilità nella vita che dire sissisignoremipiaceleccareilculo saranno ancora fieri, stasera, di guardare i loro figli negli occhi? Ma soprattutto i loro figli ne saranno mai capaci?
La manifestazione finirà in Piazza Loggia, ci stiamo dirigendo lì, eccola nella sua imponenza, elegante nella sua sobrietà, ci ammonisce sempre di non dimenticare il 28 maggio. La testa del corteo non si ferma però, qualcuno vuole proseguire, in via San Faustino tante persone continuano a camminare verso un meta ancora non chiara nella testa dei più, Kollettivo studenti in lotta e Collettivo Universitario Autonomo invece sanno bene dove andare, e l’ ex Hotel Sirio si palesa in via Battaglie. Tra Applausi e fumogeni lo stabile inutilizzato da 8 anni viene occupato, e ridato alla comunità. Qui, con un occupazione e riappropriazione di una futura abitazione per il popolo, termina la piccola e grande storia di un giorno di lotta. Noi, Studenti e studentesse, e operai insieme abbiamo rubato un soffio di vita alla nostra noiosa merdosa quotidianità sfruttata provando a gettare il seme per creare qualche cosa di diverso, di nuovo, in cui i protagonisti siamo noi, nostre sono le decisioni, nostre e di nessun altro le vite che vivremo. Il sole sta spuntando, le nuvole stanno scappando e io intanto continuo a baciare, Lei.
[ringraizamo del contributo il nostro creativo M.P.]