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ANCORA DAL BRASILE

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seconda cronaca di manifestazione e cose strane

 

appuntamento a casa di un amico per poi andare insieme alla manifestazione. cammino e penso a tutte le cose lette, viste, commentate la notte precedente.

penso a frasi ascoltate di recente e rabbrividisco (“sarebbe meglio per i manifestanti riconoscersi vestendo la banidiera del brasile, cercando di avanzare marciando in file ordinate”), e penso a come molte impotesi che mi sembravano lontane cominciano ricevere varie conferme (penso all’ipotesi di un golpe ed a un amico che mi fa notare che Lazaro, un morador de rua che incontriamo ogni giorno, sembra sparito).

brivido.

immersa nei miei pensieri alzo distrattamente lo sguardo e rabbrividisco per la terza volta trovandomi costretta a passare a lato di un plotone di polizia tipo choque (si, il nome dice tutto). presto attenzione e comincio a vedere PM ovunque. vari elicotteri continuano a sorvolare la città.

mi ritrovo con amici e ci dirigiamo verso la manifestazione. cerco di prestare attenzione a qualsiasi dettaglio dei manifestanti che mi circondano: che bandiere hanno? cosa c’è scritto sui cartelli? cosa cantano?

ok, sono nel posto giusto (molti sono stati i falsi eventi creati da un falso MPL, molti sono stati i casi di infiltrati di estrema destra).

partiamo. direzione uno dei piu grandi shopping della città, tentando di bloccare una delle strade che portano all’arena. sono un po’ scettica rispetto a questo percorso, mi sembra un ripiego, scelto forse per non dover avere un confronto diretto con la polizia: è tardi per bloccare l’affluenza allo stadio, al massimo creeremo un po’ di traffico in più per quelli che tornano dopo la partita. ma tutto bene.

camminata sfiancante, molto rapida. molto tranquilla. riceviamo notizie del secondo gruppo di manifestanti che sta iniziando a mangiare peperocino dall’altra parte della città. la polizia sarà tutta li.

arriviamo, finalmente. due ore di camminata, più per stanchezza che per scelta tecnica. stiamo morendo di fame, cibo che esce da zaini magici e battute scherzose sul fatto che la manifestazione si sia trasformata in pic-nic. fuochi artificiali, musica. molto tranquillo. io e due amici decidiamo di fare un giro, poca, poca polizia. mi guado intorno. un’esplosione, penso a un fuoco artificiale. poi vedo persone che corrono. e capisco dove si nascondeva tutta la polizia. molti corrono. decidiamo di stare fermi, sono abbastanza lontani e l’obiettivo della polizia era liberare l’altro lato della strada. scelta errata. seguo la parabola di una bomba che cade esattamente nel centro della manifestazione. corri.

lo shopping center inizia a chiudere tutto, siamo schiacciati contro il muro senza via di fuga. cominciamo a correre costeggiandolo, le bombe sempre piu vicine. arriviamo al parcheggio, molti entrano. “se iniziano con le bombe nel parcheggio siamo morti”. proseguiamo ed entriamo in una stradina. riusciamo ad incontrarci con l’altra parte di amici. non mi piacciono i luoghi stretti. seguiamo per la stradina ed arriviamo ad un  parcheggio dietro lo shopping. ci fermiamo e pensiamo cosa fare. tornare la ora è impossibile, diamo un tempo. sulle teste vari elicotteri con acceso quel faro che fino ad ora avevo visto solo in batman.

una ragazza arriva correndo, seguita da un gruppo “stanno tirando bombe e salendo la strada”. cerchiamo di non farci prendere dal panico e aspettiamo. la conferma appare da dietro l’angolo e cominciamo a correre.

ci stanno inseguendo. corri. alla fine della strada un altro gruppo di PM. corri.

un bivio, entriamo in un bar per rifugiarci e chiedere informazioni. dopo un po’ che sto parlando con il cameriere, lui si ferma “sei di sao paulo?” “no, italiana” “hai visto la partita?” “no, ero in manifestazione. com’è andata?” “abbiamo vinto. ma tu sei italiana e vieni qui a lottare per il brasilie?” rido. “il brasile è l’italia e molte altre parti del mondo”.

 

SI FOTTA LA COPPA

[Pubblichiamo il contributo di un’inviata della Paranoika a Salvador de Bahia (Brasile) dove in queste ore si stanno svolgendo duri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, e dove, domani, dovrebbe svolgersi la partita di Confederations Cup Brasile – Italia]

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torno ora a casa, dopo essere stata “imprigionata” in un palazzo dentro in quale una ragazza ci ha fatto rifugiare.

manifestazione partita tranquilla, direzione stadio (all’interno del quale alle 7 c’era la partita). faccia a faccia con la polizia, cori per passare. la polizia arretra sotto la spinta delle prime file, sembra farci spazio. appena iniziamo a camminare cominciano i lacrimogeni e i proiettili (di gomma?), arretriamo. abbastanza distanti, passato il panico decidiamo di fermarci. la polizia avanza e mi vedo passare una bomba di peperoncino sopra la testa. tutti cadiamo a terra. corriamo sul suono delle bombe che non cessa finchè arriviamo alla concentrazione di persone che era rimasta indietro. dicono che hanno bloccato un’uscita, un’altra è un cul de sac (“non entrate, stanno assaltando tutti”-e in questo caso non era la polizia). alcuni sono riusciti ad arrivare alla prefettura, ora è impossibile. aspettiamo. il suono delle bombe piu vicino, andiamo nella direzione opposta. siamo in pochi, un blocco della polizia comincia a lanciarci lacrimogeni. corriamo, una amica fa entrare tutti nel suo palazzo, dove troviamo altre persone rifugiate. dal cortile soprelevato si vede la strada, cerchiamo di capire cosa succede. una bomba esplode di fronte a noi. 5 secondi e arriva il peperoncino, corriamo dall’altro lato del cortile. un ragazzo in terra, si sente male. a turno saliamo nell’appartamento. telegiornali: rio, sao paulo, brasilia, belo horizonte..dicono che è pacifico (solo poi, parlando con amici di la, scopro che non lo è stato per nulla). non parlano di salvador (se non per commentare l’inaugurazione dello stadio e la partita che si sta svolgendo in questo esatto momento). dalla finestra una buona visuale. tra i palazzi lampi di bombe, persone che corrono da un lato e dall’altro. il peperoncino arriva fino al 5 piano e chiudiamo le finestre. non possiamo uscire. scendo e cerco di capire cosa sta succedendo nel resto della città. la prefettura (che prima sembrava tanquilla) è un casino, av. 7 è in fiamme, stanno distruggendo Vitoria e Campo Grande. continuando a manifestare in Ondina, pare tranquillo. non possiamo uscire, non passano taxi ne bus, sono abituata al suono delle bombe. messaggio: “non andate in vitoria, campo grande, ondina, barra”. il corteo rimasto è stato bombardato, pare abbiano lanciato un lacrimogeno all’interno di un bus. dicono che è morta una ragazza (non sono ancora riuscita ad averne la certezza). chiamate. chiamate. quasi tutti rifugiati in case di amici.

attesa.

non si sentono piu bombe, la partita è finita. in un gruppo di 10 decidiamo di uscire. quasi apocalittico. fuochi qua e la, qualsiasi cosa per strada. ma è tranquillo. ci dividiamo, e passando per le vie vuote e devastate arriviamo in casa.

 

http://www.youtube.com/watch?v=Coa_Oz8hpfU

http://www.youtube.com/watch?v=A7CI9CNr-18

PRESIDIO ANTIFASCISTA

PRESIDIO ANTIFASCISTA SABATO 25 MAGGIO H. 14.00 PIAZZA XIII MARTIRI – LOVERE

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False Commemorazioni, Nostalgie Vere

Ancora fascisti nel paese dei XIII Martiri Partigiani

 

C’è chi crede che la lotta contro il fascismo sia finita il 25 aprile 1945.  I fatti e la storia dimostrano che non è così, tanto che oggi le nostre piazze e le nostre strade sono ancora infestate da loschi figuri che non si vergognano a richiamarsi a questa becera e triste ideologia.  Loschi figuri che annaspano per tornare a galla con il pretesto della nostalgica commemorazione di due repubblichini della legione nera Tagliamento, giustiziati dai partigiani all’indomani della fine ufficiale della seconda guerra mondiale. Vorrebbero farlo il 25 maggio sul lungolago di Lovere. Paese che ospita la stele in ricordo dei XIII Partigiani uccisi proprio dalla legione Tagliamento.

La legione Tagliamento si era resa responsabile di nefandezze, soprusi, violenze e rappresaglie contro le formazioni partigiane e la popolazione della zona. Quello che oggi questi fascisti celebrano sulle rive del lago non è solamente la memoria dei loro assassini morti, ma un’ideologia con cui l’Italia non è mai riuscita a saldare i conti, dall’amnistia all’MSI e dallo stragismo degli anni ’70 fino agli squadristi del terzo millennio. Ideologia che viene riutilizzata ogni qualvolta al potere serve soffocare spinte al reale cambiamento. Lo vediamo oggi anche in Grecia dove formazioni dichiaratamente neonaziste, vedi Alba Dorata, forti della paura generata dalla crisi e della protezione degli apparati dello Stato, propongono finte soluzioni alle ricette della troika e alle politiche di austerità e macelleria sociale imposte dal capitalismo.

Di fronte a questa crisi il fascismo non può essere una soluzione, ma rappresenta una parte del problema.

Oggi come ieri i fascisti creano falsi nemici identificandoli sulla base della provenienza nazionale, della razza, della cultura o dell’orientamento sessuale, nascondendo così l’unico reale conflitto che questa crisi ha palesato: quello tra sfruttati e sfruttatori. Oggi come ieri i fascisti riciclano parole d’ordine, temi, simboli, battaglie che a loro non appartengono e non sono mai appartenute, con il solo scopo di rendersi presentabili agli occhi di un’ opinione pubblica che invece è alla ricerca di un reale cambiamento e che ancora reagisce con un moto di ripulsa davanti alla parola “fascismo”. E’ così per esempio che personaggi dichiaratamente antifascisti come Che Guevara o Peppino Impastato, entrano nel calderone della loro iconografia distorta.

 

I fascisti attuali hanno imparato dai nonni il culto del capo, della forza, l’obbedienza cieca alle gerarchie di branco e l’uso politico di una violenza fatta di pestaggi, intimidazioni, sempre pronti a farsi forti con i più deboli e mai con i potenti. Il fascismo contemporaneo condivide con quello storico il mito della famiglia patriarcale – in cui un padre padrone ha diritto di imporre la sua volontà anche con la violenza –  nega le libertà sessuali, i diritti delle coppie gay, il diritto ad autodeterminare le scelte riguardanti il corpo, dall’aborto all’eutanasia.

 

Il fascismo insulta la memoria storica di questo paese e dei partigiani che hanno combattuto per liberarlo: ieri li chiamava banditi, oggi traditori e assassini. Non esitano, i camerati che oggi fingono di piangere i loro morti, a sfregiare il ricordo della Resistenza e della Liberazione dal nazifascismo, come è avvenuto il 25 aprile dello scorso anno alla stele dedicata ai 13 Martiri di Lovere.

Proprio la piazza intitolata ai 13 partigiani vorremmo diventasse simbolo di una nuova lotta di liberazione: dai partigiani abbiamo imparato che solo mettendosi in gioco in prima persona si conquista il diritto alla propria libertà e noi combattiamo contro un futuro fatto di precarietà, povertà e disoccupazione.

Essere antifascisti oggi vuol dire rifiutare una guerra tra poveri che avvantaggia sfruttatori, capitalisti e banchieri. Significa lottare contro ogni discriminazione di genere, di cultura, di provenienza nazionale. Significa portare avanti i valori della Resistenza e negare spazi di agibilità politica a tutti i fascismi, qualunque sia la maschera che di volta in volta indossano.

Essere antifascisti oggi vuol dire lottare ogni giorno per l’uguaglianza sociale, costruire luoghi, spazi e forme di socialità liberata da logiche autoritarie, difendere le proprie vite e i propri territori dalla speculazione e dallo sfruttamento.

Fino a quando questi spettri in camicia nera si aggireranno per le nostre strade richiamandosi a ideologie di violenza e repressione, siamo tutti chiamati a non abbassare la guardia e ad usare le nostre intelligenze e i nostri corpi per impedire ogni loro tentativo di tornare a galla.

Sabato 25 Maggio 2013 Presidio Antifascista a Lovere, Piazza XIII Martiri, H. 14. Nessuno spazio ai fascisti.

Antifascisti Camuni

 

INCITAMENTO ALLA KAMUNIA*

*(ovvero un po’ di sana retorica prepartita)

la battaglia di Frankhenausen
la battaglia di Frankhenausen

Sabato 6 aprile alle 17.00 sul campo di Volpino la Kamunia Paranoika si dovrà battere per la partita d’andata del primo turno dei play-off. “Salvetti Salvalaspongada” è la formazione che proverà a sfondare le mura del castello di Volpino per conquistare lo sbocco al secondo turno. Nonostante il dolce nome, la formazione edolese si presenta come un aspro avversario: 13 punti in più accumulati durante il campionato e un più 6 di differenza reti (la K*P segna un impietoso -19).

La strada che ci ha condotto fino qua è stata irta di difficoltà. Abbiamo dovuto sfondare muri che noi stessi ci siamo costruiti e, soprattutto nelle ultime partite, abbiamo avuto una pesante involuzione, sul piano del gioco, dei risultati, della partecipazione, dell’impegno. Le nostre belle speranze di segnare il record di punti, di finire nella parte alta della classifica e, forse anche solo, di mostrare il nostro vero valore si son sciolti come neve al sole, lasciando dietro di sé una scia di nervosismo e malumori. Siamo senza dubbio nel punto più basso della nostra vita di squadra  dall’inizio della stagione ad oggi ed è proprio adesso che ci troviamo davanti ad una partita da dentro o fuori. Ora noi siamo in fondo ad un maledetto pozzo ma possiamo ancora decidere che cosa vogliamo fare: se vogliamo rannicchiarci in fondo a questo fosso ed aspettare qualcuno che, caritatevole, venga a  darci il colpo di grazia; oppure se vogliamo scalare le pareti del pozzo verso quella luce che vediamo là in cima con le unghie, con i denti e soprattutto con l’aiuto dei nostri compagni di squadra, della nostra torcida, di tutti quelli che da lontano penseranno a noi che combattiamo su quel campo. Quello che dobbiamo fare, signori, non è nient’altro che una scelta: lottare o perdere.

Nel calcio, come nella vita, a fare la differenza sono le piccose cose, i dettagli: un movimento fatto troppo presto e l’avversario ci salta, uno fatto troppo tardi e non raggiungeremo più il pallone; una voce non data al compagno per avvisarlo dell’uomo che arriva e la squadra subisce gol. In ognuna di queste piccole cose ci passa la grande differenza tra la vittoria e la sconfitta, così nel calcio come nella vita. E allora non dobbiamo distrarci, mai. Non dobbiamo dimenticare mai di mettere in ogni piccolo ed apparentemente insignificante gesto il nostro desiderio di vincere. Questo lo dobbiamo a noi stessi ed ai nostri compagni, che faranno la stessa identica cosa per loro stessi e per noi.

La storia ci ha insegnato che quelle che si credevano essere le battaglie decisive di una guerra a volte non sono state altro che una battaglia in più. Allo stesso modo ci insegna che in ogni piccola ed apparentemente insignificante battaglia si nasconde il segreto della vittoria finale. Quella di sabato forse è la nostra Frankenhausen, la nostra Caporetto o la nostra Stalingrado, in qualunque caso è la nostra ultima occasione per dimostrare chi siamo; non potremo mai arrivare a nessuna battaglia campale se non vinceremo la sfida di domani.

Perciò, signori, ora vi chiedo: che cosa volete fare?