Gestazione, nascita e crescita della Palestra Popolare Valcamonica

Durante la festa di Radio Onda d’Urto lo stand dei camuni come sempre si anima e si riempie di loschi figuri. Ci sono i compagni della radio, da sempre presenti dietro quelle spillatrici e nobili rappresentanti della valligianità, ci sono alcuni giocatori e tifosi della Kamunia Paranoika, squadra di calcio e progetto di sport dal basso, e alcuni ragazzi del kag, kapannone autogestito che da tempo anima le serate dalle nostre parti. Insomma quello stand diventa crogiuolo di molte delle esperienze politiche e sociali che si sono espresse negli ultimi anni dentro ai confini camuni.

Tra una birra e l’altra qualche giovane sognante inizia a progettare la nascita di una palestra popolare. Un luogo in cui le competenze di pochi vengano messe a disposizione di tutti. Non per lucrarci, ma per il piacere di condividere un percorso e sviluppare alternative ai modelli sportivi dominanti in questa società. Uno sport popolare: la possibilità di apprendere condividendo principi e obiettivi politici, oltre a sudore e spogliatoi.

La festa volge al termine, i rapporti sono maturati e una volta tornati a casa si lancia un primo appuntamento: una riunione per contarci. La partecipazione è sopra le aspettative, ma c’è un però. Tutti ad organizzare pochi ad allenarsi, c’era da aspettarselo. Col tempo uno zoccolo duro continua ad incontrarsi, l’allenatore macina 200 km tutte le domeniche, i soldi non ci sono ma comunque si prosegue. Siamo a febbraio, sei mesi dopo che l’idea è stata partorita, e possiamo dire che ce l’abbiamo fatta. La palestra è in splendida forma: una festa ha rimpinzato le casse, i numeri sono cresciuti, gli allenamenti sono raddoppiati e l’umore è alto.

boxe

La boxe è una roba seria, prenderla sottogamba significa prendere un sacco di botte. Lo sport popolare, nonostante l’idea che si può sviluppare di esso, non è uno sport all’acqua di rose e far parte di una palestra o di una squadra di calcio non significa non allenarsi o non prendere seriamente le cose. L’esperienza della kamunia ce l’ha insegnato: cinque anni di vita hanno dimostrato come nei momenti in cui l’impegno atletico profuso era ad un buon livello anche l’aggregazione e la capacità di veicolar messaggi davano i loro frutti. Qui non si tratta di diventare celebrità, qui si tratta di sapersi difendere ed attaccare quando necessario. Non siamo buonisti e nemmeno siamo amici di tutti. Vincere e perdere fanno parte della natura umana e delle nostre vite, per fortuna. Il distinguo sta in cosa si vince e cosa si perde. Forse la palestra popolare serve anche a questo: provare, attraverso il sudore, a vincere le paure e alla fine trovarsi con nuovi legami e nuove situazioni in cui far diventare realtà i progetti che sembravano solo utopia.

Lunga vita alla palestra popolare. Ce n’est qu’un début, continuons le combat.