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GIù LE MANI DA BARTLEBY!

Bologna, martedì 23 gennaio, ore 8.

Una tranquilla mattinata di lezioni universitarie, ma non per tutti.

Studenti, artisti e precari del collettivo Bartleby sono già in strada a protestare, a lottare per ciò per cui hanno lavorato sodo, per ciò in cui credono.

bartleby

Per oltre un anno, nel 2009, il collettivo ha dovuto far fronte a più sgomberi della loro prima occupazione, e dopo numerose rioccupazioni dello stabile dell’università in via Capo di Lucca, il rettorato ha concesso loro un altro edificio in via S. Petronio Vecchio dove, da allora, l’attività politica e culturale è stata intensissima e ha dato un forte contributo alla vita universitaria bolognese.

Concerti, reading, dibattiti, progetti di autoformazione e tante altre attività hanno per 3 anni reso florida la vita del collettivo, fino a martedì.

Fino a quando il rettore Dionigi ha deciso che non c’è più posto per loro nella sua università, fino a quando il consiglio comunale ha intrapreso una vera e propria campagna di sgomberi nel centro della città.

Una dichiarazione di guerra a chi produce politica e cultura in forma indipendente, a chi costruisce percorsi di autonomia e di autogestione, a chi sperimenta nuove forme di espressione e di trasmissione del sapere, a chi si organizza collettivamente per rispondere a un crisi economica che ci spoglia ogni giorno dei nostri diritti. Per queste esperienze in città non c’è spazio.

Così, martedì mattina, dopo mesi di minacce di sgombero, dopo il rifiuto da parte del collettivo di spostarsi in una zona industriale troppo lontana dal centro della vita della città, dei bravi e ubbidienti soldatini hanno esaudito il desiderio di rettore e sindaco murando la porta dietro cui per anni tante persone hanno lavorato per offrire cultura, svago, e contenuti politici a questa città.

Chi offre cultura come vero e proprio diritto alla persona non può esistere.

Ma lotta per poter esistere.

Via Zamboni blindata da camionette per l’intera mattinata, il rettorato presidiato dalle forze dell’ordine.

Ed in via S. Petronio Vecchio, resa  inaccessibile persino agli abitanti, la polizia inizia a caricare i manifestanti che tentano di riprendersi la loro sede e che, forti delle loro intenzioni, non indietreggiano nemmeno di un passo nonostante i ripetuti attacchi dei militaruncoli.

Ma niente da fare, il Bartleby è off limits.

Così il collettivo si organizza e nel pomeriggio occupa un’aula della facoltà di lettere e filosofia dove per 2 giorni si sono fatte assemblee pubbliche, dove si è lanciata una manifestazione per sabato 26 gennaio.

PARTIRE DAL BARTLEBY PER RIPRENDERCI LA CITTA’.

Perché non ci stiamo a vivere in una città vetrina, desertificata e cristallizzata.

Perché c’è chi mura le porte e chi le apre. Chi si chiude nel vuoto delle proprie stanze e chi invece pensa che la partecipazione sia una pratica quotidiana, non una parola da spot elettorale.

Dissotterriamo le asce di guerra.

Riprendiamoci il Bartleby.

Per riprenderci i nostri diritti.

Per riappropriarci della nostra cultura.

Per rivendicare la nostra libertà.

[La Valeria]