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Sfoghi, contributi, illuminazioni

Alla faccia di Arturo Ui

La giornata è tiepida, come da tempo non se ne vedevano a Milano.

Sì, perché la cappa di smog che sovrasta la città fa si che si passi dal piumino (fendi, perché se no non sei alla moda) a felpa e giacca, sottobraccio.

La stessa cappa di smog rende tutto grigiolino, in tonalità diverse, ma grigiolino. Lo skyline è una linea sottile che divide un grigio-ocra dei palazzi da un grigio-azzurro del cielo. In certi giorni è bello. In certe sere ti fa pizzicare gli occhi.

Cammino su via Bassini, che alle 6 del pomeriggio è un via vai di studenti diretti in stazione e pendolari che corrono a prendere la tange per uscire dalla big city. Macchine, soprattutto macchine.

Milano sembra una spirale disegnata su una trottola: al mattino gira in senso orario e le linee convergono tutte verso il centro; alla sera gira in senso antiorario e la chiocciola sembra aprirsi.

Dicevo di via Bassini. Verso la fine, passando sotto il ponte di Rimembranze, non si può non notare che manca qualcosa: il grande murales NOTAV con treno nero e scritta color sangue è stato coperto da una colata bianco sporco. Anche la VOLANTE ROSSA non c’è più, inghiottita dall’intonaco ancora fresco.

Arturo Ui si sarebbe tirato una sega gigagalattica vedendo la ritirata forzata del Tenente Alvaro.

Milano è sempre piena di Rosari, a tutte le ore. “Vuoi una rosa?una rosa bello. Solo un euro, solo un euro”. Il tizio seduto sulla panchina bestemmia contro Safet, sbuffa e si accende una lucky sticke, giusto per far capire che proprio non gliene frega un cazzo se quello c’ha fame, va a lavorare come tutti gli altri. La lucky pende, verso il basso.

Milano è subdola, perché la sua cappa di smog ti abitua a un’aria pesante e le sigarette pesano meno.

Safet attraversa la strada, ferma un rastone e riesce a scroccargli una paglia artigianale. La fa su in un attimo, dritta perfetta (simbologia sessuale?). Se la fuma con calma, davanti al parrucchiere Mirò, da cui escono sciure cotonate e profumate che agitano le loro french davanti all’olezzo di drum.

“Do you want a rose? One euro, one euro!”

“Macchè sei scemo?guarda che me lo hai chiesto un attimo fa, e no, non la voglio la tua cazzo-di-rosa”.

Safet è tornato dal tizio sulla panchina, ma non si ricorda del rifiuto. Il soggiorno italiano lo ha reso distratto, ma resiste e persiste, Safet.

“Please, I don’t understand! Only one rose, only one rose” Safet piange lacrimoni salati come l’adriatico, di quelli che ti si spalmano e ti si appiccicano sulla faccia, bruciandola. Il tizio si alza sbuffando e si allontana guardandosi le scarpe rapide.

Tornando verso casa riconosco la massa di capelli del rastone sotto il ponte di Rimembranze. È in cima a una scala e con un pennello in mano sta scrivendo “9 marzo 2012 – largo Cai”…. Mi avvicino un altro po’ e da sotto la scala spunta Safet. Anche lui ha un pennello in mano. Sta scrivendo “corteo NOT”…

Bello schiaffo Arturo Ui

 

Polli

[un ringraziamento da parte del redattore alla scrittrice per aver voluto contribuire in modo così significativo alla qualità di questo blog]

COME UN SOL UOMO!

Dopo tanto pesante silenzio il blog della K*P torna a parlare. Non chiedetevi perchè, non trovereste risposta. Accettate semplicemente il fatto che ci sono momenti nella vita della magica in cui ha bisongno di fare sentire la propria voce, mentre altri in cui silenziosamente lotta, gioca, perde, beve. Ci sono molte cose da dire, progetti mirabolanti affollano le menti paranoike (e volenti o nolenti ve ne accorgerete), ma c’è n’è una che proprio non può essere taciuta: kamunia devi vincere!!!! Non fatemi bestemmiare ma cazzo, ci restano poche partite e la qualificazione ai play-off non è (ancora) impossibile. Bisonga crederci, bisogna volere fortemente, bisogna essere cattivi, spietati, bisogna vincere. Non crediate che sia perchè altrimenti ci si disaffeziona, la Kamunia la si ama comunque perchè non ha nulla da dimostrare. Essa è da amarsi in quanto esiste (e io la amerei anche se non esistesse). Ciò non toglie che, a sua maggiore gloria, sia nostro preciso dovere sputare il sangue e le viscere su quel maledetto campo e non uscire più da lì senza i tre punti. Cinismo, determinazione, volontà. Nessuno sconto più a nessuno. Ci siamo crogiolati a sufficienza nel nostro compiacimento estetico per la nostra bellezza, il nostro carisma, la nostra innata eleganza ora dovremo essere antipatici, brutti e vincenti. Sabato sarà dura, incontriamo il “ristorante aurora”, 14 punti all’attivo, 39 gol fatti e 44 subiti ma che nessuno tremi, che nessuno dubiti, stiamo tutti uniti come un sol uomo e sabato si vincerà.

Andate e combattete kamuni, sabato tornate con il vostro scudo o sopra di esso…

OMNIA SUNT KAMUNIA

Sono le note di Cielito Lindo quelle che accompagnano nella mente dell’esule paranoiko le immagini vive della Kamunia in campo, la Kamunia in Torcida, la Kamunia al Beatì, la Kamunia sulla sua maglietta. Aahi ahi ahi aaahi! Kaamuniaamoreee!

L’importante è fare casino.

La K*P è frutto della necessità di fare casino, diretta conseguenza, in veste di reazione manifesta di rimprovero ai responsabili, della mancata autodeterminazione dei popoli kamuni e della dilagante assuefazione di grande e crescente parte degli stessi; queste del resto sono due dei più grandi motivi della paranoi(k)a che fa l’etimologia del nostro nome. Del resto la K*P nasce, seppur in trasferta, come irredentistica rivendicazione territoriale nei confronti di un invasore che viene addirittura da al-di-là-delle-grandi-montagne: il Crucco. Troppi usurpatori come il Crucco in cricca coi ricchi Assuefatti ormai da tempo insudiciano la Valle con le loro opere di “no”, di “così”, di “ho detto che è così”, “guarda che il bigmec non è male”, “hai un brufolo in fronte”, “che fico allouin!”, “finalmente non ci sono più i maroga al parchetto”

ecc.

ecc.

ecc.

…la K*P dice basta. A tutto ciò noi rispondiamo “sì! cosà, non ho mai detto che è cosà, dan sa ol strinù strinàt -Scùa!- ti piscio sulla macchina, viva la figa già non possiamo coltivare se poi ci tolgono gli spaccini…-Pace?!-”. Noi rivendichiamo la nostra come l’unica autorità sussistente e vigente sulle nostre persone e sui nostri corpi materiali, troppo spesso minacciati dai fautori della noia ((k), ndr.). Per questo ogni volta che il suono Kamunia Paranoika è stato, è e sarà pronunciato, è stato, è e sarà una denuncia contro tutti i misfatti dei succitati noiosi responsabili. State attenti. Vigili e Incazzati.

 

Continuo l’articolo con un altro pezzo di articolo.

-beh? Roger.

-boh! Roger.

-cosa scrivo? Roger.

-…che sei un paranoiko dimmerda. Roger…. Roger. …Roger?

-Mi chiamo Roger, e sono un Paranoiko.

coro: -Ciaaao Roooger!

-Be’ ecco..ero lì, no?

Voce fuori campo: -poi Roger morì.

Possiamo tornare alla Kamunia, magica libertaria, per le doglie del suo aspirante-forse-degno-sed-non-ad-libitum-primus-inter-pares il Mister. Rullano i tamburi. La folla è in delirio. Le ragazzine si spogliano. per il Mister. Tante buone cose né. Blocco dello scrittore. Sbem. Il vuoto.

 

Dopo mesi, torna la voglia. Di far capire al Kamuno che i soprusi intellettuali e le angherie dissimulatorie e dissimulate dei difensori dello status quo sono ordite dalla stessa mano che gli proibisce di mangiare a quell’albero di cui Noi Ci facciamo serpenti ciceroni, la stessa mano che si arroga il monopolio della liceità della violenza, -ora sì, comprendiamo il significato della parola arroganza: l’assuefazione più pericolosamente minacciosa per la libertà del Kamuno, dell’Uomo, è quella che rende l’occhio cieco all’arroganza propria di alcuni, che di fatto fanno violenza all’Umanità ogniqualvolta di arroganza compiano un atto, ovvero pretendano una proprietà esclusiva su qualcosa, bene notare che il male minore è quando la pretesa investa qualcosa di materiale. Sono i nostri pensieri in pericolo, in quanto lo è la capacità di metterli in atto senza il rischio, se non la certezza, spesso preannunciato/a, di andare a subirne chissacchè violenta, presuntuosamente (arrogantemente) dovuta, reazione.

Presuppostatamente, è chiaro e già detto, che ogni Sé sia unico padrone del proprio Io. E che i “nostri pensieri” di cui sopra non valichino il limite dell’arroganza. Abbiamo capito che i nostri nemici sono gli Arroganti, perché noi non siamo per esserlo. Quindi non assuefacciamoci.

 

Intermezzo geografico: Est!Est!!Est!!!

Intermezzo meteorologico oro(bi-o)scopico: Quandoversicuro?

-Ppppeeeeennnnnnsateci voi.

Disse Roger.

 

Se e quando posso io vi aiuto anche a capire. Ci provo. No non è vero. Sì è vero.

Tifate la Kamunia. E’ espressione. Con tutti gli aggettivi che volete. Ma non importano. Pur che sia, espressione. -Si. Può. Fare!-. E lo è. Questo scritto è Kamunia. Ogni manifestazione sdecodificata è Kamunia. I vostri rutti sono Kamunia. MA. La K*P non è ideologia. E’ strumento di un progetto di liberazione universale che mira allo sradicamento dell’ideologia dal cuore degli Uomini proponendosi come rifiuto della stessa. Alcol. Spazio bianco:

 

 

 

 

 

E. Una “e”. Poi un articolo indeterminativo singolare femminile e fra due virgolette un’altra “e”. Poi un avverbio di tempo e un articolo indeterminativo singolare maschile e un sostantivo singolare maschile e tre aggettivi e l’ennesima “e” e una preposizione semplice e un’aggettivo numerale cardinale e un sostantivo plurale femminile e un articolo indeterminativo singolare femminile e un aggettivo indefinito singolare femminile e fra altre due virgolette chissàcchenumero di “e” e poi mi sono rotto i coglioni.

 

Due tagliate. Un puledro al sangue e un vitello pure. Patate: al forno.

Versiamo più vino che sangue, lo sa bene l’arbitro. E il tizio pelato del Beatì con la passione per le canzoni di merda. Ma non gliene facciamo una colpa, è uno che si può redimere, lui.

 

Non ci sono personaggi in questa storia. Perché questa non è una storia. Questa è La Storia, La Geografia, L’Algebra. Questa è una macchia sul foglio vuoto degli annali del progredire intellettuale dell’essere umano. Se se…ma vaffanculo. Questa è l’ennesima accozzaglia di parole, e gli Analfabeti? Come la mettiamo? Stanno meglio loro, o tu, o Lettore? In realtà se ci fai caso dei personaggi ci sono: il Kamuno, il Crucco, gli Assuefatti, Roger, il Mister, l’Uomo, il Sè, l’Io, gli Arroganti, il tizio pelato, gli Analfabeti, il Lettore. Per ora. Una bella compagnia, non c’è che dire. Certo, l’assenza di una donzella si fa sentire, ma questo non è un Harmony. Bastano dei personaggi a fare una storia? Una volta Roger m’ha detto: -Smettila di chiederti se il bicchiere è mezzo pieno o vuoto. Tu lo devi essere, il bicchiere.

Da allora so che è me stesso quello che bevo tutte le sere e tutte le mattine, e non sarà mai altro (o dici che…?). Ovviamente ogni tanto arriva qualcuno che burlandosi di me come di una sedicenne in discoteca mi scioglie chissà che droga nella bibita. Ma la stessa sostanza nel tuo calice non avrà mai lo stesso sapore che ha nel mio, sempre che tu non ti stia ancora chiedendo se il bicchiere è pieno o vuoto. Ti presenterò Roger, se è così. Questo relativismo gustativo è la causa di e la soluzione a molte sorsate amare che beviamo. Ma, è lecito pensare che io possa bere agli altri bicchieri? Un bicchiere che beve da un altro bicchiere?? No, meglio dire che ogni tanto ci piace la droga con cui, per sbaglio o per posta o pure per finta, qualcuno ci ha condito la bevanda. Tutto ciò per finir per dire che: la K*P è la nostra botte, sccèc. E’ l’immenso bicchiere in cui si mesce ogni nostro bicchiere e a cui si dissetano le nostre secche gole. E’ il passaggio dal suddetto relativismo all’assetata condivisione dei sapori, perché ogni singolo bicchiere si riempia delle gocce e dei ghiacci degli altri, e, se c’è, pure una fetta d’arancia e un’ombrellino di carta non ci stanno male. Bref: la Kamunia, che lo sappiate o meno, che vi piaccia o meno, è una comune. La Nostra Comune.

 

OMNIA SUNT KAMMUNIA.

 

Un Kamuno