La giornata è tiepida, come da tempo non se ne vedevano a Milano.
Sì, perché la cappa di smog che sovrasta la città fa si che si passi dal piumino (fendi, perché se no non sei alla moda) a felpa e giacca, sottobraccio.
La stessa cappa di smog rende tutto grigiolino, in tonalità diverse, ma grigiolino. Lo skyline è una linea sottile che divide un grigio-ocra dei palazzi da un grigio-azzurro del cielo. In certi giorni è bello. In certe sere ti fa pizzicare gli occhi.
Cammino su via Bassini, che alle 6 del pomeriggio è un via vai di studenti diretti in stazione e pendolari che corrono a prendere la tange per uscire dalla big city. Macchine, soprattutto macchine.
Milano sembra una spirale disegnata su una trottola: al mattino gira in senso orario e le linee convergono tutte verso il centro; alla sera gira in senso antiorario e la chiocciola sembra aprirsi.
Dicevo di via Bassini. Verso la fine, passando sotto il ponte di Rimembranze, non si può non notare che manca qualcosa: il grande murales NOTAV con treno nero e scritta color sangue è stato coperto da una colata bianco sporco. Anche la VOLANTE ROSSA non c’è più, inghiottita dall’intonaco ancora fresco.
Arturo Ui si sarebbe tirato una sega gigagalattica vedendo la ritirata forzata del Tenente Alvaro.
Milano è sempre piena di Rosari, a tutte le ore. “Vuoi una rosa?una rosa bello. Solo un euro, solo un euro”. Il tizio seduto sulla panchina bestemmia contro Safet, sbuffa e si accende una lucky sticke, giusto per far capire che proprio non gliene frega un cazzo se quello c’ha fame, va a lavorare come tutti gli altri. La lucky pende, verso il basso.
Milano è subdola, perché la sua cappa di smog ti abitua a un’aria pesante e le sigarette pesano meno.
Safet attraversa la strada, ferma un rastone e riesce a scroccargli una paglia artigianale. La fa su in un attimo, dritta perfetta (simbologia sessuale?). Se la fuma con calma, davanti al parrucchiere Mirò, da cui escono sciure cotonate e profumate che agitano le loro french davanti all’olezzo di drum.
“Do you want a rose? One euro, one euro!”
“Macchè sei scemo?guarda che me lo hai chiesto un attimo fa, e no, non la voglio la tua cazzo-di-rosa”.
Safet è tornato dal tizio sulla panchina, ma non si ricorda del rifiuto. Il soggiorno italiano lo ha reso distratto, ma resiste e persiste, Safet.
“Please, I don’t understand! Only one rose, only one rose” Safet piange lacrimoni salati come l’adriatico, di quelli che ti si spalmano e ti si appiccicano sulla faccia, bruciandola. Il tizio si alza sbuffando e si allontana guardandosi le scarpe rapide.
Tornando verso casa riconosco la massa di capelli del rastone sotto il ponte di Rimembranze. È in cima a una scala e con un pennello in mano sta scrivendo “9 marzo 2012 – largo Cai”…. Mi avvicino un altro po’ e da sotto la scala spunta Safet. Anche lui ha un pennello in mano. Sta scrivendo “corteo NOT”…
Bello schiaffo Arturo Ui
Polli
[un ringraziamento da parte del redattore alla scrittrice per aver voluto contribuire in modo così significativo alla qualità di questo blog]
Alla prima lettura lo scritto risulta d’impatto. La decifrazione del senso non è immediata, richiede ulteriori approfondimenti, una rilettura rilassata.
In una densa pagina troviamo:
-la localizzazione della storia (Milano) in una forma tanto efficace quanto sintetica. E’ forse proprio la sintesi ad acuire la forza dell’ambientazione.
-il ritratto “impressionista” (e mi si conceda questo aggettivo che non amo per la pochezza del mio vocabolario) di una società attraversata dalle sue contraddizioni: disparità, chiusura, solidarietà, conflitto. (queste sono solo quelle più evidenti, scavando più a fondo ne emergerebbero altre).
-la scelta di un punto di vista attraverso il quale leggere ciò che stiamo vedendo (Safet). Qualcuno lo chiamerebbe “protagonista”.
-il dipanarsi di una serie di eventi che, oltre ad essere un pretesto descrittivo, diventano portatori di una trama. Abbozzata, gettata in pasto all’intuizione, regalata alla buona volontà del lettore.
Alcune perle stilistiche emergono immediatamente:
Milano sembra una spirale disegnata suuna trottola: al mattino gira in senso orario e le linee convergono tutte versoil centro; alla sera gira in senso antiorario e la chiocciola sembra aprirsi.
un’ immagine che stupisce per la sua immediatezza e viene da chiedersi perchè non stia scritto sotto ai cartelli agli ingressi della necropoli…
Safet piange lacrimoni salati come l’adriatico,di quelli che ti si spalmano e ti si appiccicano sulla faccia, bruciandola. Iltizio si alza sbuffando e si allontana guardandosi le scarpe rapide.
Da dove viene Safet? il lettore non ha avuto il tempo di chiederselo e lo scrittore non da la risposta. Il primo periodo contiene sia domanda che risposta non esplicitando nè l’una nè l’altra (mi piace molto!). Le lacrime che bruciano la faccia hanno la stessa dignità metaforica della paura che gela il sangue con un premio per la maggiore originalità. Un’immagine di rara efficacia.
Il contrasto tra la fissità della prima frase e la rapidità della seconda oltre ad avere una chiara e pregevole ragione simbolica e semantica, ci da la cifra di un’abilità stilistica nella combinazione dei ritmi compositivi che ritroviamo spalmata in tutto il testo.
Un plauso va fatto agli accorti riferimenti letterari insieme con l’avvertimento che essi rendono il testo molto meno “pop” e di conseguenza meno godibile ad un discreto numero di possibili lettori. Sappiamo bene che è tentazione di chiunque si metta a scrivere il partire da altri scrittori, da altri testi (e l’Elias Canetti di Calvino lo descrive in tutta la sua evidenza). Sappiamo altresì che è pretesa impossibile rifiutare l’intertestualità nelle sue svariate e sfaccettate forme. D’altra parte questo testo non ci parla affatto di Arturo Ui ma usa sapientemente un’immagine storicamente codificata dal compagno Bertoldt per parlarci di una realtà viva che emerge in ogni frase. In sintesi mi sento di affermare che la scrittrice scherza e gioca con il fuoco, senza bruciarsi e soprattuto offrendoci un buon esempio di spettacolo pirotecnico.
Alcune critiche vanno mosse. Il registro linguistico non soddisfa la pregevole strutturazione del pezzo. Alcuni termini sembrano scelti con una certa fretta o, quanto meno, senza l’attenzione che questo aspetto merita in un testo di tal breve durata.
L’abbondanza di forestierismi (anglismi nello specifico) risulta a tratti pesante per uno strenuo difensore dei deboli quale cerco di essere (siano questi deboli degli esseri umani, delle squadre di calcio o delle lingue).
In conclusione e spassionatamente: scrivi.